Forse non pubblicheremo un romanzo una frase alla volta, ma una volta un capitolo alla volta era il modo migliore per fare acquistare i giornali, strategia tutt'oggi applicata con le riviste di manga, che in questo modo testano quali sono le serie che funzionano e quelle da chiudere. Pratiche vecchie di secoli, non ci inventiamo mai nulla. 😄
Ciao Andrea, l’hai detto che tu che ci avresti fatto arrabbiare :) Non sono arrabbiato però non mi hai trovato d’accordo su alcune cose che vorrei condividere con te.
Quando scrivi che "il pubblico ha deciso che le cose davvero importanti non sono più quelle di una volta", credo ci sia un errore di prospettiva. Il pubblico non decide, subisce e si adatta. Le piattaforme e gli algoritmi hanno cambiato le regole del gioco, e le persone si sono semplicemente adattate all'offerta disponibile, non perché la preferiscano realmente.
Lo spezzettamento dei contenuti di cui parli (un'intervista trasformata in decine di frammenti, citazioni estrapolate per immagini, ecc.) è un problema, a mio avviso, non la soluzione. Quando estrapoli frasi dal loro contesto originale, il significato viene inevitabilmente distorto. Il risultato? La gente commenta e reagisce a qualcosa che non rappresenta fedelmente il discorso originale. Stiamo costruendo dibattiti su frammenti distorti, non su idee complete.
Questo approccio "quantity over quality” si porta dietro conseguenze non secondarie. Prendiamo MAGA - uno slogan che letteralmente non significa nulla, ma ha funzionato alla perfezione perché breve, orecchiabile e facile da ripetere. Ed ecco il risultato: decisioni collettive basate sulla semplificazione estrema di questioni complesse.
Se continuiamo a sacrificare la complessità sull'altare della quantità e dell'engagement facile, ci troveremo a fronteggiare problemi ben più gravi del semplice "non fare numeri online". Stiamo già vedendo le conseguenze: dibattito pubblico impoverito, polarizzazione, incapacità di gestire sfumature, crisi relazionali, etiche, identitarie.
Il mio ragionamento è questo: solo perché qualcosa funziona online non significa che funzioni nella realtà. Ma quando l'online permea ogni aspetto della nostra vita, le conseguenze di questo modo di comunicare tracimano inevitabilmente nel mondo reale, con effetti potenzialmente devastanti.
La domanda vera non è come adattarci meglio a questo sistema per ottenere più visibilità, ma se questo sistema stia realmente servendo i nostri interessi come società.
ciao Emilio, grazie del bel commento, ammetto però che abbiamo due prospettive molto diverse. Ti rispondo sinteticamentee provo a lasciare qualche spunto:
Non concordo nella tua separazione tra mondo digitale e mondo reale. Internet E' reale, in quanto ciò che accade digitalmente fa parte di tutto il resto della nostra esistenza. E viceversa. Penso che questa dicotomia porti a forme di pensiero errate.
Poi nel tuo commento ne fai un po' una questione di merito, su cosa sia giusto e sbagliato, quando parli di MAGA o essere fraintesi, ma non entro in quell'argomento, mi limito a descrivere cosa funziona e cosa no. Penso che dovremmo imparare a dividere le cose altrimenti, di nuovo, rischiamo di compiere errori di valutazione scambiando le mele con le pere.
Il punto fondamentale però è il primo di cui parli, il pubblico invece DECIDE, non lo dico solo io ma un commentatore importante come Ben Thompson che con la sua aggregation theory ha spiegato meglio di chiunque altro come è cambiata la comunicazione online: nel momento in cui non ci sono più gatekeeper è il pubblico a decidere cosa funziona e cosa no: https://stratechery.com/2015/aggregation-theory/
Riguardo la separazione tra reale e virtuale, sono pienamente d'accordo con te sul fatto che non esista più. Proprio per quello avverto un maggiore rischio di "contaminazione". Forse mi sono espresso male io. Grazie per la condivisione dell'analisi di Thompson che leggerò con grande interesse :)
Tutto questo è agghiacciante, la corsa al ribasso non avrà mai fine e se continuiamo a giustificare e a farci andare bene tutto solo perché è così che fan tutti. Che tra l'altro è lo specchio dell'umanità attuale, e sarà sempre peggio. Ovviamente non c'è soluzione ma voglio poter dire che tutto questo mi fa schifo.
W la spocchia di quei "luminari" che criticavano tutto ciò che per loro non era degno.
Ho iniziato qualche anno fa il mio percorso nel mondo della creazione, iniziando da un podcast molto incostante, passando da youtube e da poco anche con la newsletter.
Confermo che fare più cose sicuramente aumenta le probabilità di colpire il bersaglio prima o poi, ma sento anche che la qualità ne beneficia, per un discorso semplice di pratica. Più si crea più si diventa bravi, e se quello che si fa piace, si cerca anche di portare sempre più valore in quello che si crea.
Ma forse è solo l'entusiasmo dell'inizio del percorso, ma per ora me lo godo
concordo, ti consiglio di guardare le Creator Masterclass che abbiamo realizzato, anche i migliori creator italiani consigliano questo processo di iterazione rapida e miglioramento: https://www.youtube.com/@scrollingInfinito
Credo che dipenda principalmente dalla tipologia di contenuto.
Il discorso quantità funziona quando si vuole colpire nel mucchio e in questo senso Andrea descrive bene che ce la si gioca principalmente con contenuti Snack.
Produrre ogni giorno, anche contenuti differenti, va bene se il tuo format te lo permette. Guarda Montemagno, che ebbe la felice intuizione dei video brevi giornalieri. Di contro, però, andò anche in una direzione eccessiva opposta durante la pandemia pubblicando fin troppe live, anche due al giorno, su troppi argomenti differenti che non entravano nel suo target. Ora, non voglio dire che questo lo abbia danneggiato, perché non conosco la sua brand reputation, ma di sicuro gli annacquò di molto l'engagement.
Per questo vale sempre la regola d'oro: in medio stat virtus. Un podcast puoi farlo tutti i giorni se ogni puntata dura meno di dieci minuti e puoi produrla in un tempo che non equivalga al doppio. Se invece lavori sui contenuti lunghi allora meglio puntare su un ottimo lavoro di qualità e una fidelizzazione della community che attende il tuo lavoro.
Quello che dice Andrea non è mai del tutto giusto o del tutto sbagliato. Lui ci dice quello che funziona, dati alla mano. Sta a noi adattarlo alle nostre esigenze.
Variare i format e produrre tanto conviene tanto più si è nella parte alta del funnel, quindi contenuti short form in piattaforme di discovery algoritmica con basso costo di ricerca e opportunità
Il motivo per cui la tua newsletter è così preziosa è che davanti alla domanda, che cosa vorresti leggere? il mio primo pensiero è stato: non so, lo scoprirò nella prossima newsletter. 😊
Forse non pubblicheremo un romanzo una frase alla volta, ma una volta un capitolo alla volta era il modo migliore per fare acquistare i giornali, strategia tutt'oggi applicata con le riviste di manga, che in questo modo testano quali sono le serie che funzionano e quelle da chiudere. Pratiche vecchie di secoli, non ci inventiamo mai nulla. 😄
È come dici tu: sono corsi e ricorsi storici. Cosa sono le newsletter se non saggi a puntate alla fine? Scrolling Infinito lo penso esattamente così
Ciao Andrea, l’hai detto che tu che ci avresti fatto arrabbiare :) Non sono arrabbiato però non mi hai trovato d’accordo su alcune cose che vorrei condividere con te.
Quando scrivi che "il pubblico ha deciso che le cose davvero importanti non sono più quelle di una volta", credo ci sia un errore di prospettiva. Il pubblico non decide, subisce e si adatta. Le piattaforme e gli algoritmi hanno cambiato le regole del gioco, e le persone si sono semplicemente adattate all'offerta disponibile, non perché la preferiscano realmente.
Lo spezzettamento dei contenuti di cui parli (un'intervista trasformata in decine di frammenti, citazioni estrapolate per immagini, ecc.) è un problema, a mio avviso, non la soluzione. Quando estrapoli frasi dal loro contesto originale, il significato viene inevitabilmente distorto. Il risultato? La gente commenta e reagisce a qualcosa che non rappresenta fedelmente il discorso originale. Stiamo costruendo dibattiti su frammenti distorti, non su idee complete.
Questo approccio "quantity over quality” si porta dietro conseguenze non secondarie. Prendiamo MAGA - uno slogan che letteralmente non significa nulla, ma ha funzionato alla perfezione perché breve, orecchiabile e facile da ripetere. Ed ecco il risultato: decisioni collettive basate sulla semplificazione estrema di questioni complesse.
Se continuiamo a sacrificare la complessità sull'altare della quantità e dell'engagement facile, ci troveremo a fronteggiare problemi ben più gravi del semplice "non fare numeri online". Stiamo già vedendo le conseguenze: dibattito pubblico impoverito, polarizzazione, incapacità di gestire sfumature, crisi relazionali, etiche, identitarie.
Il mio ragionamento è questo: solo perché qualcosa funziona online non significa che funzioni nella realtà. Ma quando l'online permea ogni aspetto della nostra vita, le conseguenze di questo modo di comunicare tracimano inevitabilmente nel mondo reale, con effetti potenzialmente devastanti.
La domanda vera non è come adattarci meglio a questo sistema per ottenere più visibilità, ma se questo sistema stia realmente servendo i nostri interessi come società.
ciao Emilio, grazie del bel commento, ammetto però che abbiamo due prospettive molto diverse. Ti rispondo sinteticamentee provo a lasciare qualche spunto:
Non concordo nella tua separazione tra mondo digitale e mondo reale. Internet E' reale, in quanto ciò che accade digitalmente fa parte di tutto il resto della nostra esistenza. E viceversa. Penso che questa dicotomia porti a forme di pensiero errate.
Poi nel tuo commento ne fai un po' una questione di merito, su cosa sia giusto e sbagliato, quando parli di MAGA o essere fraintesi, ma non entro in quell'argomento, mi limito a descrivere cosa funziona e cosa no. Penso che dovremmo imparare a dividere le cose altrimenti, di nuovo, rischiamo di compiere errori di valutazione scambiando le mele con le pere.
Il punto fondamentale però è il primo di cui parli, il pubblico invece DECIDE, non lo dico solo io ma un commentatore importante come Ben Thompson che con la sua aggregation theory ha spiegato meglio di chiunque altro come è cambiata la comunicazione online: nel momento in cui non ci sono più gatekeeper è il pubblico a decidere cosa funziona e cosa no: https://stratechery.com/2015/aggregation-theory/
Riguardo la separazione tra reale e virtuale, sono pienamente d'accordo con te sul fatto che non esista più. Proprio per quello avverto un maggiore rischio di "contaminazione". Forse mi sono espresso male io. Grazie per la condivisione dell'analisi di Thompson che leggerò con grande interesse :)
Bellissimo il Il lookbook di The Substance. Posso chiederti come lo hai trovato?
Ciao Cinzia, credo in qualche newsletter straniera ma non ricordo proprio quale
Tutto questo è agghiacciante, la corsa al ribasso non avrà mai fine e se continuiamo a giustificare e a farci andare bene tutto solo perché è così che fan tutti. Che tra l'altro è lo specchio dell'umanità attuale, e sarà sempre peggio. Ovviamente non c'è soluzione ma voglio poter dire che tutto questo mi fa schifo.
W la spocchia di quei "luminari" che criticavano tutto ciò che per loro non era degno.
Ho iniziato qualche anno fa il mio percorso nel mondo della creazione, iniziando da un podcast molto incostante, passando da youtube e da poco anche con la newsletter.
Confermo che fare più cose sicuramente aumenta le probabilità di colpire il bersaglio prima o poi, ma sento anche che la qualità ne beneficia, per un discorso semplice di pratica. Più si crea più si diventa bravi, e se quello che si fa piace, si cerca anche di portare sempre più valore in quello che si crea.
Ma forse è solo l'entusiasmo dell'inizio del percorso, ma per ora me lo godo
concordo, ti consiglio di guardare le Creator Masterclass che abbiamo realizzato, anche i migliori creator italiani consigliano questo processo di iterazione rapida e miglioramento: https://www.youtube.com/@scrollingInfinito
Credo che dipenda principalmente dalla tipologia di contenuto.
Il discorso quantità funziona quando si vuole colpire nel mucchio e in questo senso Andrea descrive bene che ce la si gioca principalmente con contenuti Snack.
Produrre ogni giorno, anche contenuti differenti, va bene se il tuo format te lo permette. Guarda Montemagno, che ebbe la felice intuizione dei video brevi giornalieri. Di contro, però, andò anche in una direzione eccessiva opposta durante la pandemia pubblicando fin troppe live, anche due al giorno, su troppi argomenti differenti che non entravano nel suo target. Ora, non voglio dire che questo lo abbia danneggiato, perché non conosco la sua brand reputation, ma di sicuro gli annacquò di molto l'engagement.
Per questo vale sempre la regola d'oro: in medio stat virtus. Un podcast puoi farlo tutti i giorni se ogni puntata dura meno di dieci minuti e puoi produrla in un tempo che non equivalga al doppio. Se invece lavori sui contenuti lunghi allora meglio puntare su un ottimo lavoro di qualità e una fidelizzazione della community che attende il tuo lavoro.
Quello che dice Andrea non è mai del tutto giusto o del tutto sbagliato. Lui ci dice quello che funziona, dati alla mano. Sta a noi adattarlo alle nostre esigenze.
Variare i format e produrre tanto conviene tanto più si è nella parte alta del funnel, quindi contenuti short form in piattaforme di discovery algoritmica con basso costo di ricerca e opportunità
Il motivo per cui la tua newsletter è così preziosa è che davanti alla domanda, che cosa vorresti leggere? il mio primo pensiero è stato: non so, lo scoprirò nella prossima newsletter. 😊
Grazie Roberta, se poi ti viene in mente un consiglio io lo ascolto sempre volentieri 😀