10 Commenti

è un po’ il dubbio che ho da sempre anche io, anche se tu l’hai razionalizzato molto meglio :)

la mancanza di dati è stato paradossalmente un vantaggio (mi bullo di avere (prodotto/sponsorizzato) un podcast senza dire che lo ascoltano in 2) ma questo alla fine è il rischio maggiore di tutto il settore.

non sono sicuro che youtube sarà la migrazione finale, o l’unica diciamo

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La mancanza di dati è la salvezza dei contenuti! 😅 vedi anche la bolla che sta esplodendo dello streaming. Youtube sarà uno degli esodi principali ma poi sii creerà una nuova bolla da colonizzare: metaverso, realtà aumentata etc etc

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set 25, 2023Messo Mi piace da Andrea Girolami

Premetto che ho scoperto cosa fosse un podcast nei primi anni Duemila, quando quasi per caso ho fatto il mio ingresso nella prima webradio universitaria italiana. A parlare, quindi, è forse la nostalgia :) Detto questo, credo che l'hype sui podcast passerà, chiaramente sopraffatti dai video: perché stimolare solo l'udito, quando puoi stimolare anche la vista? In fondo si sa che gli esseri umani reagiscono più prontamente quando vedono altri essere umani: anche solo questa consapevolezza basterebbe a decretarne il destino.

Ma credo che, al di là di argomenti analitici e molto efficaci (come ad esempio la mancanza di dati), il podcast sia uno dei tanti esempi di asset digitali che, a un certo momento, sono stati riscoperti, diventati "di moda" e democratizzati (tutti possono creare un podcast, tutti ormai scrivono un libro, ecc.) Mi viene in mente quando qualche anno sono "scoppiate" le GIF sull'onda dei meme, quando in realtà parliamo di un formato che risale alla fine degli anni Ottanta.

I podcast possono essere un mezzo meraviglioso da fruire quando facciamo attività manuali, reiterate, che non hanno bisogno di molti neuroni (pulire, cucinare, guidare su strade che conosciamo): ecco che allora quei neuroni li possiamo dedicare all'ascolto.

In definitiva: io spero che ne sopravvivranno pochi, ma buoni ;)

P.S. Grazie per questo tuo interessante approfondimento!

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lug 11, 2023Messo Mi piace da Andrea Girolami

Ottima analisi e lo dico da ascoltatore "moderato" di podcast da Spotify che aborrisce l'idea di seguirli da YouTube. E infatti sono accanito consumatore di newsletter, oltre ad averne una mia.

Sarebbe interessante aggiungere queste all'analisi, pur se hanno avuto buona visibilità negli ultimi anni ma decisamente minore rispetto ai podcast e forse anche per questo reggono di più e meglio.

Certo hanno occasioni di consumo completamente diverse rispetto a video e podcast.

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lug 11, 2023Messo Mi piace da Andrea Girolami

Analisi perfettaAnalisi perfetta. finalmente c'è dentro tutto: piattaforme, format, tipologia di contenuto, modelli di fruizione, e modello di monetizzazione.

My 2 cents: il "problema" principale non è se "i podcast" hanno audience o meno ma la frammentazione dei titoli.

Per i podcast unscripted l'unico modello possibile di monetizzazione può essere quello alla YT.

È l'unico modo per ovviare al problema non solo della disponibilità dei dati ma di una dimensione di audience sufficientemente grande da essere rilevante per una qualsiasi pianificazione. Nel mondo tradizionale un editore può markettare la sua audience sotto il suo brand (il Corriere non vende un'articolo ma un insieme di articoli o meglio l'audience che questi generano), mentre il podcast (so far, almeno) per sua natura "offre" il singolo "titolo" che a meno non sia una hit clamorosa (e come prevederlo a priori?) non raccogierà un'audience sufficientemente ampia per essere rilevante.

Per i podcast unscripted, io onestamente vedo solo il futuro alla Veleno: una piattaforma con le spalle più robuste che prende un prodotto autoriale di super qualità e lo affoga nei suoi costi di produzione per mantenere un'offerta ampia e di livello in grado di non far churnare i subscribers.

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Grazie Fabio. Concordo su tutto quel che dici.

Seguendo il tuo ragionamento stavo pensando "ah cavolo bisognerebbe fare una cordata di podcast video tipo TV per creare un bundle e vendere la pubblicità..." poi ho realizzato che già c'è ed è sempre il solito YouTube

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lug 11, 2023Messo Mi piace da Andrea Girolami

Approfondimento interessante. Da tempo cerco di capire se siamo di fronte a una bolla pronta a esplodere o meno. Non per spammare ma nell'ultima newsletter ho intervistato Carlo Annese, che produce podcast, e sono venuti fuori dubbi simili anche da parte sua. Quanto meno sulla sostenibilità economica di questi contenuti.

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Penso la bolla sia già esplosa, vedi le mosse di Spotify di cui parlo nella newsletter. Grazie per la segnalazione vado a leggere l’intervista ad Annese

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Credo che il tema della disfatta dei podcast abbia la stessa ricorrenza della frase "questo è l'anno dei podcast". Secondo me l'errore è quello di volerli sempre paragonare ai media più affermati senza invece rendersi conto che si tratta di una piattaforma di comunicazione come le altre, dove c'è chi emerge, diventa famoso e monetizza, dove c'è chi ci guadagnicchia e dove poi c'è invece solo chi comunica (per personal branding o pura passione). Se facciamo sempre ruotare il discorso attorno ai grandi player è normale che abbiamo una visione pessimistica della cosa. Ma dimentichiamo che il podcast nasce come medium indipendente, come il blogging (di cui pure si è spesso decretata la morte e invece è vivo e vegeto). È il motivo per cui il Festival del Podcasting è un evento fighissimo e destinato a durare fino a che esiste la community di appassionati , mentre Il Pod è invece una macchina mamgiasoldi fatta per compiacere le grosse case di produzione e morirà non appena gli interessi degli sponsor svaniranno.

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C’è un problema di fondo: si passa dai podcast brandizzati a quelli casalinghi, senza scala di grigi. La raccolta pubblicitaria generalista non funziona, questo è assodato, mentre quella selezionata, verticale sui topic di cui si parla, è piuttosto complicata, se non si fanno numeri importanti. Insomma, è come un cane che si morde la coda.

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