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📺 è online il video della Creator Masterclass di Giulia Torelli/Rockandfiocc: con lei abbiamo parlato di: crisi reputazionali e come costruire una community. Tutti i dettagli più avanti in questa newsletter.
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Guida pratica per sopravvivere a una shitstorm
Negli ultimi anni i social network sono profondamente cambiati, trasformandosi in un’esperienza quasi televisiva.
La causa è nell’evoluzione dell'algoritmo che privilegia la cosiddetta unconnected audience, per cui si consumano soprattutto contenuti postati da gente che non conosciamo, e con cui non siamo connessi, ma che potrebbero interessarci.
Qualcuno ha parlato di collasso del contesto per descrivere un mondo in cui è sempre più difficile condividere il punto di vista degli altri, sempre più distanti, e che possono facilmente travisare il senso del nostro discorso.
Per questo essere coinvolti in shitstorm online è sempre più facile, vale per creator e influencer, ma anche per semplici utenti senza un seguito così ampio.
La storia di Giulia
Giulia Torelli, anche conosciuta come Rockandfiocc, ha più di 200,000 follower su Instagram, un nucleo attorno a cui ha saputo costruire una delle community più forti e vitali d’Italia, affezionata ai suoi contenuti di moda, lifestyle e cultura pop.
Giulia è salita agli onori delle cronache anche per un paio di grosse polemiche relative ad alcune sue esternazioni che, da una community relativamente ristretta, l’hanno fatta arrivare sulle prime pagine dei giornali e telegiornali nazionali, esponendola ad un pubblico enorme, in un contesto fortemente negativo.
Durante l’ultima Creator Masterclass, Giulia ci ha raccontato come ha affrontato e superato questa situazione, sia dal punto di vista psicologico che comunicativo.
Ogni giorno osserviamo infuocate polemiche online, ma raramente abbiamo l’occasione di capire cosa si prova ad essere al centro di un evento del genere, un’esperienza traumatica che, per come sono cambiati i social media, potrebbe capitare anche a ciascuno di noi.
Come affrontare una shitstorm
Secondo Giulia i passi per affrontare una crisi reputazionale di questo tipo sono sostanzialmente tre:
Nella fase più accesa della shitstorm il consiglio è quello di rimanere in silenzio, o addirittura allontanarsi dai propri account social: quando l’odio è ai massimi livelli c’è poco che si possa fare per risolvere la situazione.
In un secondo momento bisogna confrontarsi con il proprio staff, o le persone a noi più vicine. Essere al centro di tanti messaggi negativi rende molto difficile giudicare con lucidità la situazione e c’è bisogno di una prospettiva esterna, magari professionale.
In ultimo bisogna tornare e, a seconda dell’entità della polemica, prendere in considerazione la possibilità di pubblicare delle scuse pubbliche, cosa che Giulia ha fatto a seguito della più grave delle polemiche che l’avevano coinvolta.
Nel nostro incontro le ho chiesto anche di dare una sua opinione sulla situazione di Chiara Ferragni che, per motivi diversi, si trova ad affrontare una crisi reputazionale ancora più grande.
“Tornare a fare quello che facevi prima non è una soluzione” dice Giulia che mette l’accento sull’aspetto trasformativo che hanno queste shitstorm, alla cui fine delle quali si deve, in parte, cambiare tono di voce e stile comunicativo.
Come proteggere la tua salute mentale
Un tema legato a quella delle polemiche online è la salvaguardia della propria salute mentale che, in situazioni di questo tipo, è sottoposta ad un fortissimo stress.
Anche in questo caso Giulia ha dato consigli utili ai creator e influencer su come impostare il rapporto con la propria community:
Non impostare sin dall’inizio un rapporto troppo stretto con i propri follower. Prendersi l’impegno di rispondere a tutti i messaggi che si ricevono è logorante, sia dal punto di vista del tempo che da quello emotivo, ed è una posizione dalla quale è difficile tornare indietro. Una volta che la promessa è stata fatta non la si può rimangiare.
Ignorare i commenti negativi perché sono soltanto dannosi per il proprio equilibrio. Fanno eccezione quelli costruttivi che sono preziosi per avere un corretto feedback.
Ciascuno ha la propria opinione su Giulia e le sue affermazioni, ma non è scontato che una creator al centro di polemiche di questo tipo abbia il coraggio e la voglia di analizzarle facendo autocritica, e per questo voglio ringraziarla per la sua disponibilità.
Da una bolla all’altra
Le crisi reputazionali non sono tutte uguali. Alcune sono irreparabili, come quella che ha travolto Imen Jane. La fondatrice di Will Media aveva basato parte della sua credibilità vantando una laurea che però non possedeva e, una volta scoperto il bluff, l’impianto su cui era fondata la sua attività è crollato. Lo stesso è accaduto a Chiara Ferragni e la sua immagine di imprenditrice generosa e capace: quando la crisi colpisce l’elemento cardine della propria personalità è un problema difficile da risolvere.
Ci sono poi shitstorm causate dall'abuso di visibilità come quella che ha travolto il creator Iconize che aveva finto un’aggressione omofoba nei suoi confronti o quella dell’americano Logan Paul che, pur di creare un contenuto memorabile, non si era fatto scrupoli nel riprendere persone che avevano deciso di suicidarsi all’interno di una foresta giapponese.
Quelle che ha dovuto affrontare Giulia Torelli sono ancora diverse. Nel suo caso non avevano a che fare con la rottura del patto con la propria community (“io ti seguo per un motivo che si rivela falso”) né nel creare un contenuto artefatto ma si trattava di esternazioni giudicate fuori luogo e offensive, soprattutto in un contesto più ampio rispetto alla community dei suoi follower.
Una forma di crisi reputazionale più comune e forse più lieve perché non viene rotto il patto con i propri follower che seguono un personaggio per la sua autenticità, e che finisce per essere, in qualche modo, eccessiva.
Se creator e influencer sbagliano, quando sono in malafede o semplicemente ingenui, dall’altra parte c’è un impianto mediatico tradizionale che non vede l’ora di fare arbitraggio su notizie di questo tipo.
Quotidiani e siti di informazione hanno capito che amplificare la gaffe di un singolo influencer davanti alla propria community e sbatterla in prima pagina è un modo efficace, veloce ed economico di produrre engagement e click. Si tratta di articoli basati sul puro gossip o, più spesso, sull’indignazione che è uno dei motori di buona parte dei contenuti digitali.
La capacità di distribuire infinitamente e gratuitamente i propri contenuti è la croce e la delizia di qualunque creator che, dopo la sbornia iniziale, oggi ha il dovere di essere più prudente, tenendo da conto le variazioni dell’algoritmo e la possibilità che ogni sua parola sia inserita in contesti differenti su cui non può mantenere il controllo in alcun modo.
Come costruire una community
Con Giulia Torelli abbiamo parlato anche di come produrre contenuti per costruire una community attiva e affiatata, elencando alcune delle tecniche più efficaci:
La quantità di contenuto è fondamentale: per far sentire una presenza continua ai suoi follower Giulia pubblica tra le 5 e le 30 storie al giorno su Instagram.
Inserire delle rubriche ricorrenti che intervallano il flusso di contenuti, ad esempio: Q&A ironici, primi appuntamenti horror, vicini di casa horror, cose che mi piacciono etc..
Mantenere un tono di voce onesto in cui le persone si possano riconoscere.
Ascoltare e utilizzare i feedback: molti dei contenuti di Giulia sono basati su informazioni e idee dei follower, questo le permette di creare un numero maggiore di contenuti in maniera più efficace.
Guarda l’intervista completa
Con Giulia abbiamo parlato anche di come costruire una rete dei freelance a supporto della produzione di contenuti e dei modi in cui monetizzare la propria attività di creator: dalla produzione di prodotti digitali, ai link affiliati fino ai progetti collaterali.
Per vedere l’intervista completa clicca qui o premi play al video qui di seguito
⚡Cosa succede: creator giornalisti, YouTube vs Netflix e carriere portafoglio
Giornalisti creator: in America sempre più giornalisti di primo piano scelgono di abbandonare il loro lavoro dipendente per intraprendere una carriera solista. L’ultima è Taylor Lorenz, già al New York Times e Washington Post, che ha appena lanciato su Substack il suo progetto Usermag. Prima di lei Bari Weiss, sempre ex New York Times, aveva fondato, sempre su Substack, il magazine Free Press, oggi valutato intorno ai 100 milioni di dollari. Stessa cosa succede al magazine online Vox i cui giornalisti di punta, come Cleo Abram e Johnny Harris, hanno preferito diventare Youtuber a tempo pieno.
YouTube VS Netflix: mentre YouTube annuncia guadagni record e una redditività superiore a Netflix cominciano a spuntare i primi canali del social network che producono con successo contenuti scripted, simili a serie tv tradizionali. Emblematico il caso della creator americana Kinigra Deon che sta costruendo dei veri e propri studios per ospitare le serie a basso costo create assieme a giovanissimi talenti locali. Da sempre YouTube è conosciuta per i contenuti unscripted, challenge o video tutorial, ma con una presenza sempre più massiccia nelle TV connesse, ora prova a conquistare nuovo territorio.
Carriere portafoglio: c’è una nuova buzzword in circolazione: “portfolio career”. Con questo termine si descrive l’abitudine di molti freelance, ma non solo, di destreggiarsi tra molteplici attività differenti, in opposizione all’idea tradizionale di fare carriera all’interno di un’azienda. Il mix tra lo sviluppo della creator economy (da una parte) e la crisi economica (dall’altra) costringe sempre più persone a diversificare le proprie modalità di guadagno. È sempre più facile incontrare contabili che sono anche insegnanti di yoga e impiegati, o addirittura dirigenti, che arrotondano con la propria attività di creator. Fioccano i tutorial su come organizzare la propria carriera portafoglio, ma non è chiaro se sia un termine destinato a durare o solo un nuovo modo per descrivere un sistema capitalistico in evidente difficoltà.
📊 Un grafico: prodotti VS servizi
Non solo iPhone: nell'ultimo trimestre, Apple ha registrato circa 22 miliardi di dollari di profitto dai prodotti (hardware: telefoni, orologi etc) e 18 miliardi di dollari dai servizi (Apple Music/Care/News/TV etc..). È la distanza più ravvicinata che queste due voci abbiano mai raggiunto.
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Newsletter che diventano video
Nelle ultime settimane alcune tre le migliori newsletter italiane sono sbarcate su YouTube. Francesco Oggiano autore di Digital Journalism ha lanciato il suo canale, e anche i ragazzi di Hacking Creativity hanno un nuovo format video intitolato Idee da incubo.Di cosa parliamo quando parliamo di razzismo in Italia?
Nicola Lagioia sull’intriseca anima intollerante del nostro Paese.La banalità dei consigli online
Quando l’algoritmo non riesce a rispondere alle nostre domande tornano di moda i siti con liste di consigli da seguire, finché non stancano anche questi.La morte dei follower e il futuro della creatività online
Il fondatore di Patreon, e pioniere della creator economy, racconta in un’appassionata conferenza l’importanza del tasto “follow” e come la sua scomparsa cambi profondamente gli equilibri digitali.Il piano B come genere giornalistico
Si moltiplicano le storie di chi lascia tutto per ritrovare se stesso, e il successo economico, in una vita completamente diversa. Classico esempio di bias del sopravvissuto e pigrizia giornalistica.Il tempo di Sorrentino
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La modalità seguita dalla Torelli è quella che usa un’enorme fetta di influencer: prima “spara alla croce rossa”, (anziani, persone obese, ecc) perché sa che il ritorno sul suo canale in termini di engagement sarà molto ampio, poi però, quando la cosa sfugge di mano, si nasconde e quando torna fa la parte della pentita, eventualmente si dice anche vittima di un sistema che non la capisce e che vuole metterla in cattiva luce.
Il problema non sono loro, siamo noi che scegliamo deliberatamente di seguire questa gente.