Tu non sei un creator
Uno dei peggiori errori che un designer di contenuti può fare è quello di voler giocare nello stesso campo di creator e influencer
Per chi lavora con i contenuti la domanda è fondamentale: perché alcune idee funzionano perfettamente quando sono messe in pratica da influencer e creator, ma se sono applicate al piano editoriale di un brand o di un editore non hanno la stessa efficacia? Qual è la differenza tra queste tipologie di produttori di contenuti?
Chi crea contenuti in maniera professionale per una committenza, che sia in un’agenzia, un editore o brand, è una specie differente da chi lo fa mettendoci la faccia in prima persona. I cosiddetti creator infatti sono in possesso di un ventaglio espressivo più completo e impossibile da replicare per la prima categoria. Proviamo a capire perché.
Idea VS Relationship
Colin&Samir sono due Youtuber americani che si occupano di indagare la creator economy. All’interno di uno dei loro video in cui analizzano il percorso della collega Emma Chamberlain identificano le due principali categorie di creator esistenti. Secondo Colin&Samir esistono creator che basano i propri video su idee e altri che hanno il motore della propria produzione nella relazione che li lega alla loro community.
Ad esempio MrBeast, l’attuale Youtuber più famoso al mondo, è esclusivamente Idea based. I suoi video si intitolano “Ho dato la caccia a 1000 persone”, “Ho passato 50 ore sepolto vivo” e il celeberrimo “Ho ricostruito il set di Squid Game dal vivo”. Ciascuno dei suoi video è fondato su un’idea spettacolare eseguita in maniera rigorosa, una formattizzazione del contenuto simile a quello dei giochi televisivi o delle challenge online.
Dall’altra parte Emma Chamberlain è il perfetto esempio di creator Relationship based. I suoi video hanno titoli poco chiari e solo vagamente indicativi del loro contenuto: "Andrà tutto bene” o “Non voglio tornare a casa”, “Jet lag”. Nonostante questo sono visti da milioni di persone che vogliono far parte dell’esistenza di Emma, attratti dal legame affettivo e carismatico che lei è capace di costruire.
Anche in Italia esistono esempi dell’uno o dell’altro genere: LaSabri sembra ormai puntare principalmente su contenuti di relazione (“Vi presento Dante, il nostro bambino”, “L’ho fatto davvero, scusami amico”) mentre un creator come KingAsh lavora su idee ben definite come “Ho aperto un falso ristorante in duomo a Milano” o “Mi licenzio da posti in cui non lavoro”.
Il gioco può andare avanti all’infinito, provate anche voi con qualunque Youtuber o TikToker e vedrete che ciascuno si situerà nei pressi di uno dei due estremi del segmento Idea/Relationship.
Le categorie che stiamo analizzando non sono esclusive del mondo dei creator ma si tratta di rielaborazioni di strutture esistenti pensate per un target diverso. Esiste una lunga tradizione di format tv incentrati su un’idea forte, da “Chi vuole essere Milionario” fino alla “Ruota della fortuna”.
Dall’altra c’è una grammatica altrettanto sviluppata di show basati sul concetto di relazione tra i concorrenti e i loro fandom. Penso alla categoria dei reality, dal “Grande Fratello” passando per “l'Isola dei famosi”. Proprio l’Isola si posiziona in maniera equidistante tra i due estremi del segmento essendo un programma basato in uguale misura sulle vicende dei protagonisti (Relationship) quanto su una serie di prove fisiche e challenge (Idea).
Creator VS Content Designer
I creator hanno una maggiore capacità espressiva rispetto a designer di contenuti tradizionali perché hanno la possibilità di scegliere tra due modalità espressive (Idea e Relationship). Chi produce per conto di un committente (che sia un editore o una marca) invece si dovrebbe limitare a lavorare nel perimetro delle idee.
Anche se spesso si discute di Love Brand la verità è che rispetto a un creator o un influencer è molto più difficile per un marchio o un editore creare una relazione affettiva rilevante con la propria community. Una marca o un canale televisivo non hanno un volto o un’unica personalità a cui affezionarsi, ma sono composti da un insieme di prodotti, valori e strategie soggetti a cambiamenti nel tempo (collezioni, linea editoriale etc).
Chi lavora nell’ambito delle idee produce un meccanismo editoriale o un format con un effetto ben preciso che si può replicare all’infinito. Lavorare sul legame che lega alla propria community significa invece trasformare in prodotto la propria personalità al punto da far diventare un sentimento o senso di appartenenza un puro contenuto.
Rispetto a un content designer di professione un creator può inoltre muoversi da un lato all’altro dello spettro Idea-Relationship. Pensiamo ad uno Youtuber come Luis Sal che ha creato la sua base di utenti con una serie di trovate geniali (“Da Bologna a Firenze in skate”, “Mappo Bologna coi passi”) scivolando col tempo verso un rapporto più affettivo con gli utenti raccolti nel corso degli anni. Il suo ultimo video in cui racconta il suo “Mini tour americano di Stand Up Comedy” è fondato sui momenti morti del viaggio e sulla sua presenza fisica più che su una particolare formatizzazione del contenuto come avveniva in passato.
All’estero anche il celebre Casey Neistat ha compiuto un'evoluzione simile e i suoi video più recenti non si fondano più su stunt spettacolari quanto sul racconto della propria quotidianità.
Il problema di metterci la faccia
Il rovescio della medaglia di fondare il proprio successo sul carisma più che sulle idee è quello di limitare il pubblico di riferimento. Chi ci conosce e ci ama ci seguirà qualunque cosa faremo ma chi non è già nella nostra community (o quelli a cui siamo antipatici) saranno difficili da raggiungere.
Un brand o un editore non possono permettersi una strategia del genere. Ogni prodotto ha l’obiettivo di trovare il pubblico più ampio possibile parlando in primis a chi non è già convertito e convincendolo a cambiare idea. L’obiettivo di un designer di contenuti è quello di creare crescita organica di nuovo pubblico nei confronti di una marca o servizio dove invece i creator hanno l’esigenza di comunicare semplicemente una loro passione o sentimento.
La differenza principale tra un creator e un brand è infine nella consistenza della propria attività. Uno Youtuber o TikToker si muovono a partire dalla propria volontà, sentimento passibile di infiniti contrattempi e variazioni d’umore. La serie di burnout all’interno della creator economy dimostra chiaramente come molti creatori siano incapaci di stare dietro ai ritmi forsennati richiesti dalle piattaforme.
Un problema che tocca anche chi si muove ai margini del settore come i giornalisti e scrittori che, dopo aver lanciato con entusiasmo la propria newsletter personale, faticano a tenere il passo.
Le cose che abbiamo in comune
Il designer di contenuti deve guardare al creator come si fa con una specie simile da cui però differisce per alcuni aspetti fondamentali. In un rovesciamento delle parti noi professionisti del content siamo scimpanzè meno evoluti che vedono gli uomini sapiens, i creator nativi delle nuove piattaforme, rinchiusi nelle gabbie e costretti a correre sulla ruota dell’infinita produzione di contenuti e del successo che da questi deriva.
Esistono punti di contatto tra le due specie e l’obiettivo è quello di identificare questi tratti in comune per applicarli al contesto produttivo in cui possono essere utili, mantenendo però una distanza di sicurezza che tuteli noi e la committenza per cui lavoriamo.
Parliamo di contenuti
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Ho già avuto il piacere di presentare Scrolling Infinito tra gli altri in agenzie come Sketchin, Gummy Industries, Imille, Undesign o scuole come IULM, INCOM Università di Bologna, ALMED Università Cattolica e Master Publitalia.
Segnalibri
Se vi interessa la creator economy vale la pena seguire il canale di Colin&Samir. Tra i loro video più interessanti questa approfondita intervista con il manager di MrBeast.
Meta, in Europa, non se la passa benissimo e questo è un problema per chi lavora nel marketing. Qui una modesta proposta di Gummy Industries per farne a meno.
I nuovi successi musicali si costruiscono su TikTok un-frammento-alla-volta.
Il NYT intervista Brian Eno e lui racconta quando ha fatto la pipì nell’orinatoio di Duchamp.
P.S. l’immagine d’anteprima di questo post è stata creata utilizzando Playground AI
Molto interessante✨