Un contenuto digitale “circola col solo obiettivo di circolare”. Non perdere troppo tempo a pensare a formato, durata o tipologia. Quello che conta è la sua efficacia e che raggiunga più persone possibili.
Il marketing online è sempre content marketing. Se qualcosa non mi informa o non mi intrattiene perché dovrei dargli attenzione?
Il lavoro di chi produce contenuti online non è avere l’idea della vita che cambia il mondo, ma dieci buone idee al giorno che possano portare valore al nostro cliente/editore/committente.
Qual è la differenza tra audience e community? Il pubblico si accontenta di seguire un brand o un personaggio, i membri di una community sono anche in contatto tra loro per scambiare informazioni e formare una rete.
Che differenza c’è tra chi ha un’idea e un creativo? Le due parole vengono spesso usate in modo intercambiabile, ma non è così. Secondo Bruno Munari il concetto di idea (“quella che cambia il mondo!”) è un residuo del mondo artistico-romantico che risolveva i problemi in modi forse belli ma difficili. L’idea è stata sostituita dalla creatività, che analizza il problema e lo risolve con precisione, sicurezza e senza perdite di tempo.
Lo scrolling infinito è stato inventato dal designer Aza Raskin, figlio di Jeff Raskin, già tra gli inventori del primo Macintosh.
Siate specifici. Nessuno vuole leggere un titolo vago come “Le 10 cose importanti della settimana”, ed essere obbligato a cliccare per scoprire di cosa state parlando.
Quando paragoniamo i social network e lo scrolling infinito al funzionamento di una slot machine pensiamo che la soddisfazione e l’endorfina vengano dal ricevere un premio. Lo studioso Robert Sapolsky ha spiegato perché non è così. Sperimentando con un gruppo di scimmie ha scoperto che la dopamina degli animali schizzava alle stelle quando si alterava la certezza della ricompensa. Quello che ci fa veramente impazzire scorrendo il feed di Instagram non è la sicurezza di trovare qualcosa di interessante, ma la possibilità che possa accadere. La nostra droga si chiama incertezza e imprevedibilità.
Avete tre secondi per catturare l’attenzione del vostro pubblico. Provate a spiegare al vostro committente che il logo dell’azienda va messo solo DOPO aver mostrato qualcosa di interessante per il suo target.
Perché l’idea uscita fuori a cena con i vostri amici e che avete scarabocchiato su un tovagliolo non è un format? Un format è “un meccanismo di scambio culturale ed economico che ha senso di esistere, non in linea di principio, ma per una funzione o l’effetto che è capace di creare”. In parole semplici un’idea diventa un format quando è approfondita, analizzata e testata al punto da produrre valore. Chiudere 10 persone dentro una casa non è un format, il Grande Fratello, il suo brand e il suo know how di istruzioni editoriali e di produzione, sì.
“Come far diventare qualcosa virale, la guida pratica”. Esiste un articolo che si intitola così e lo ha scritto Neetzan Zimmerman, ex giornalista di Gawker e pioniere del traffico online.
Ci sono solo due tipi di video per i social: i video virali e i video lista. Se una parte del video è molto forte (un evento incredibile, un incidente, una dichiarazione clamorosa) e il resto è solo di contorno allora state producendo un video virale. Se il valore del video è dato invece dalla successione di informazioni nella loro totalità allora state facendo una lista. Non perdete tempo a inventare nuovi generi, concentratevi nell’eseguire bene uno di questi due.
Online non esistono le mezze misure. Quando producete un contenuto (video, articolo, grafica) fatelo cercando di estremizzare un aspetto specifico: attualità VS sempreverde, approfondito VS LOL. Tutto ciò che finisce nel mezzo tra questi estremi rischia di finire nella zona morta, ovvero nel rumore di fondo di quello che consumiamo ma a cui non facciamo caso.
Nessuno cerca la perfezione, vogliamo solo qualcosa che soddisfi i nostri bisogni. Questa è l’essenza della famosa disruption: creare un contenuto o servizio più economico e pratico di quello dei competitor, che intanto sono troppo concentrati a fare soldi nella solita maniera.
Una statistica dice che la maggioranza dei video di YouTube hanno meno di 1000 views. Quante perle rischiano di non essere scoperte perché non sono distribuite nel modo giusto? Lonely Web è un termine coniato dal giornalista Joe Veix per descrivere questo mondo sospeso tra il deep web e il mainstream. Una curatela efficace si basa sul capire cosa può essere portato da una dimensione all’altra. Cosa sarebbe stato del famoso The Dress se fosse rimasto nei social di uno degli invitati al matrimonio?
L’esercito di terracotta cinese è una replica. Secondo la cultura orientale non c’è niente di male nel ricostruire qualcosa esattamente come era in origine, attenendosi alle istruzioni. Il concetto di originalità cambia parecchio se andiamo in giro per il mondo.
“Nella Silicon Valley c’è questa idea di essere i primi a entrare in un mercato, e invece il giusto modo di vedere le cose è voler essere gli ultimi, l’ultima azienda in una determinata categoria: queste sono quelle che hanno davvero valore. Microsoft è stato l’ultimo sistema operativo per molti decenni, Google l’ultimo motore di ricerca”. Parola di Peter Thiel. Non abbiate paura di copiare ma mettetevi nella posizione di essere migliori chi proverà a farlo con voi.
Non innamoratevi delle vostre idee. Ci sono progetti che sembrano stupendi visti in un PowerPoint ma di cui nessuno sente davvero il bisogno.
Quando fu inventato il cinema i primi spettatori si sentivano un po’ dei guardoni che spiavano le azioni altrui. Lo facevano al buio e in solitudine, senza l’ausilio del sonoro, attratti da sequenze che mostravano brevi eventi buffi o memorabili. Oggi accade esattamente lo stesso: il cinema muto è la cosa più simile a TikTok.
Fare cose semplici in modo complicato. Il segreto di qualunque format online è quello alla base della celebre macchina di Rube Goldberg.
“In un sistema in cui molte persone sono libere di scegliere tra diverse opzioni, una piccola parte di queste attrarrà un quantitativo di traffico (o di attenzione o di denaro) sproporzionato rispetto alle altre. Questo anche se nessun membro del sistema ha fatto nulla perché ciò accadesse”. Questa frase di Clay Shirky spiega quasi tutto quello che succede oggi su Internet, Taylor Swift compresa.
“Internet è la più grande fotocopiatrice del mondo. Se qualcosa può essere copiata e raggiunge internet, allora verrà copiata”, Kevin Kelly.
Come si produce un video? Prima di tutto trovate un produttore.
Prendete appunti. Segnatevi tutto quello che vi viene in mente. Solo annotando le nostre idee ci sentiremo liberi di dimenticarle.
Quando volete lanciare un progetto chiedetevi: siete più Fedez o Marracash? Il primo parte con largo anticipo e trova il modo per raccontare ogni passo del processo. Per lui il percorso è più importante del traguardo. Il secondo preferisce la scarsità e il silenzio in attesa di un big bang che riempia lo spazio lasciato vuoto. Per lui il percorso e il traguardo coincidono.
Copiate. Copiare serve ad analizzare un contenuto o un formato. Imparare a smontare e rimontare il lavoro altrui è il primo passo per elaborare qualcosa di differente e migliore. Si chiama ingegneria inversa.
Tutti i creator online si dividono in due categorie: quelli che fanno video basati su un’idea forte (“Mi chiudo in una bara per una settimana”) e chi invece instaura un rapporto affettivo con il proprio pubblico (“Vi parlo dei miei problemi”).
Benjamin Day, editore del New York Sun alla fine del 1800, è stato il primo mercante di attenzione e il primo inventore di bufale. Pur di vendere il suo giornale pubblicava strampalate storie sugli alieni che abitavano la Luna. Se il business è quello di catturare gli occhi delle persone allora sparare cazzate è sempre la soluzione più semplice.
Il massimo successo di un contenuto è trasformarsi in meme. Succede quando diviene così popolare e accessibile da essere proprietà culturale condivisa, in continua evoluzione.
Per fare una buona strategia di contenuti dovete ascoltare la radio. Studiate il funzionamento di un clock orario, il modo in cui le radio costruiscono l’alternanza tra canzoni in alta rotazione, successi del passato, pubblicità e interventi dello speaker. Alla stessa maniera il vostro piano editoriale online conterrà attualità, chicche del web, approfondimenti e furbizie virali nel giusto content mix, a seconda della radio che sceglierete di essere.
Corollario del punto precedente: se il contenuto è interessante a nessuno importa che sia editoriale o pubblicitario.
Qualcuno dice che si sta passando da un'economia dell’attenzione (“Guardami”) a una dell’intenzione (“Abbonati”). Ma siccome può esistere un numero limitato di siti a cui dare soldi, i contenuti gratuiti che cercheranno di attirare la nostra attenzione non spariranno mai.
“L’essenza di una strategia è scegliere cosa non fare”, lo scrive Michael Porter sulla Harvard Business Review. Un pensiero che fa rima con quello di Warren Buffet: “La differenza tra persone di successo e le persone di grande successo è che le seconde dicono no quasi a tutto”.
Le liste e gli articoli per punti funzionano perché promettono di semplificare un concetto complesso, danno la possibilità di fare una pausa e ricominciare la lettura nel modo più semplice.
In un video online l’unico effetto speciale è decidere di non usare nessun effetto speciale.
A volte chi produce una cosa è la persona meno importante di un processo, meno di chi ha avuto l’idea di partenza e di chi ha saputo distribuirla. Guardate i giornali di mezzo mondo che si sono fatti scippare i lettori dai social network. Questo meccanismo si chiama La curva del sorriso e c’è un disegnino che lo illustra bene.
Osservate il vostro lavoro con occhi nuovi. Provate a rivedere un video o un film senza il sonoro e concentratevi sul montaggio. Mettere un disegno o un quadro al contrario, per vedere davvero “La qualità della pittura”.
“La rete ha capovolto il normale meccanismo secondo cui bisogna creare arte per riuscire ad avere un pubblico. L’artista che oggi lavora su internet ha bisogno di un pubblico per poter creare la propria arte”. Lo scrive il critico e studioso Brad Troemel, spiegando in un colpo solo perché tutti gli influencer scrivono libri e perché ogni attività di produzione di contenuti è di base un’azione di community management.
Il designer Raymond Loewy è l’inventore di un metodo chiamato “MAYA”, “Most advanced yet acceptable”. Secondo Loewy per realizzare un progetto di successo questo deve essere familiare al target a cui è destinato, senza dimenticare di avere un elemento di novità. O, al contrario, se si tratta di qualcosa di totalmente nuovo e dirompente non rinunciare a fornire un aspetto rassicurante in cui le persone possano riconoscersi.
Gli NFT sono il tentativo di infondere ai prodotti digitali gli stessi limiti di quelli fisici: unicità, scarsità, proprietà.
Provate a prendere un’idea che funziona appartenente a un media e trasferirla in un altro. Kanye West ha deciso di aggiornare il suo disco The Life Of Pablo anche dopo la sua uscita, continuando a cambiare il mix delle canzoni e la tracklist. Ho provato a fare la stessa cosa con un libro, ed eccoci qui.
Se tutte le piattaforme sono tecnologicamente identiche che cosa le differenzia davvero? I contenuti al loro interno, e in particolare i creator che li producono e che si rivolgono a segmenti di pubblico differenti. Pensate ad ogni piattaforma come a una nazione indipendente: hanno tutte una struttura simile ma ciascuna ha la propria bandiera, piatto tipico e lingua.
Corollario della voce precedente: pubblicare ovunque lo stesso contenuto, nello stesso formato, e pensare che funzioni è una stupidaggine colossale.
Quando pensate e producete un video fate in modo che funzioni anche senza dover ascoltare il sonoro. Metà dei video online vengono riprodotti in muto.
A differenza degli USA in Italia non esiste il concetto di fair use per l’utilizzo di materiale coperto da diritto d’autore. Solo gli articoli 65 e 70 della legge del diritto d’autore parlano genericamente della possibilità di usare materiale altrui a fini d’informazione (diritto di cronaca), critica, didattica, sempre rigorosamente senza scopo di lucro.
Perché i TikToker vanno a vivere assieme nelle TikTok House? Perché i rapper continuano a collaborare tra loro? Per aumentare la loro discoverability: prima di poter provare ad avere successo dovete essere sulla mappa.
Quando nel 2001 il sito di Rotten.com pubblicò, unico, le foto delle persone che si gettavano dalle Torri Gemelle divenne subito uno dei siti più visitati della rete. L’orrore è uno dei meccanismi più efficaci per catturare l’attenzione del pubblico, certe dirette che si incontrano su TikTok lo confermano ampiamente.
“Signora maestra, ieri non ho potuto fare i compiti perché è morta mia nonna e il cane mi ha mangiato gli appunti”. Credereste mai ad una scusa del genere? Quando un’idea è buona (“robusta all’errore” cit. Taleb) basta a sé stessa, aggiungerne un’altra peggiora soltanto le cose.
Fare un video vuol dire mostrare qualcosa, creare un’azione. Se volete parlare di un argomento ma non potete soddisfare questi elementi è meglio rinunciare a farlo con un video e accontentarsi di un articolo di testo.
Evan Spiegel, fondatore di Snapchat e inventore del formato Stories, dice che queste hanno cambiato il nostro modo di stare online. Una volta qualcosa doveva prima accadere per poi essere documentato con un video o un post, ora con le stories possiamo raccontare un’azione mentre sta avvenendo.
Il format alla base di ogni diretta video è il cosiddetto imprevisto atteso. Sappiamo che accadrà, ma non sappiamo esattamente quando: il gol di una partita di calcio, la punizione di una challenge, la bestemmia di GSKIANTO (cit Zio).
Tutti odiano gli influencer (ora i creator) perché funzionano. Mark Zuckerberg ha chiamato il suo social network Facebook perché si è accorto che le persone navigano seguendo le facce delle persone, non i brand editoriali o commerciali.
Un contenuto si dice virale perché come un virus si diffonde, e mentre lo fa muta. A volte cambia a tal punto da essere irriconoscibile per il suo creatore originale, in quel caso probabilmente è già diventato un meme.
Per creare un video d’effetto con pochi mezzi dovete organizzare un incidente stradale, metaforicamente parlando ovviamente. Mettete in una stanza due elementi distanti tra loro e costringeteli ad un confronto: Bello Figo e la nonna di Fedez, vostra zia e il cibo di un fast food filippino, le Mentos nella Coca Cola, etc etc. A voi basterà premere REC e gustarvi il risultato.
I canini e i gattini funzionano così bene online perché sono elementi di empatia, uniscono le persone tra loro e quindi si prestano a essere condivisi. A chi non piace un bel cucciolo?
Non scambiereste mai un disco del vostro artista preferito con tre album di qualcuno che vi piace meno. Questo meccanismo si chiama sostituzione imperfetta ed è alla base del cosiddetto effetto superstar. Negli ultimi 100 anni è costantemente diminuita la varietà di artisti nella top100 ma è aumentato il numero di hit prodotte da ciascuno di questi. Chi vince prende tutto.
Perché abbiamo l’impressione di vivere in un eterno presente? Ovviamente è colpa di internet. Il filosofo Luciano Floridi parla di Iperstoria per definire il periodo che va dai primi anni 2000 in cui la rete è entrata nella quotidianità delle nostre vite, fino ad oggi. “Il digitale, pur essendo una tecnologia che si basa sulla memoria, vive nel presente. L’apparente contraddizione è risolta dalla capacità del digitale di appiattire il passato in un illimitato presente, non sedimentato, e allungare il presente nel futuro, grazie a un orizzonte limitato”.
Se una volta, quando avevamo tempo libero, la scelta quasi obbligata era sedersi davanti ad uno schermo (TV) oggi le cose sono più complicate e le possibilità infinitamente aumentate. Ecco perché l’analista Matthew Ball scrive: “Il problema più minaccioso per Netflix è il cambiamento generazionale per cui cosa vedere è la seconda domanda che ci si pone e non più quella fondamentale. Oggi la domanda che si fanno centinaia di milioni di persone è cosa fare”.
Perché dovete formattizzare tutte le vostre idee? Per garantire continuità e qualità ai vostri contenuti. I format sono come ricette: quando lo chef è in sala che parla con clienti e fornitori intanto la cucina va avanti senza perdere un colpo.
“Ogni forma di curatela può crescere finché non è necessario uno strumento di ricerca. Al contrario, ogni tecnologia di ricerca può crescere finché non sarà necessaria una qualche curatela” scrive Benedict Evans. Netflix o Spotify hanno sostituito le TV e le radio tradizionali con un enorme archivio on demand dentro cui cercare quello che volevamo. Oggi però queste piattaforme sono così grandi che, come utenti, abbiamo di nuovo bisogno di qualcuno che ci faccia una playlist o che ci consigli cosa guardare la sera sul divano.
Se sei arrivato fino a qui forse ti interessa anche il resto di: Scrolling Infinito, come creare contenuti per vincere la guerra dell’attenzione.
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Come creare contenuti che funzionano?
Come organizzare una strategia editoriale? Su quali piattaforme distribuire un contenuto? Come ideare un video che le persone vogliono guardare?
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Qualche giorno fa ho avuto il piacere di parlare del nuovo Scrolling Infinito al Wired Next Fest di Milano, è stata un’emozione conoscere tante persone nuove e rivedere molte facce amiche.
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L’inchiesta dell’Espresso sui presunti casi di molestie nelle agenzie pubblicitarie italiane.
Due libri da comprare: Exit Reality, il viaggio di Valentina Tanni nei meandri dell’internet. La regola del gioco di Raffaele Alberto Ventura, sulla fiducia.
Una bella riflessione sul nuovo corso di Gucci e il peso dell’identità scritta da Tommaso Delmastro, direttore creativo e fondatore dell’agenzia Undesign.
Taylor Lorenz è forse la migliore reporter al mondo sulle cose di internet e ora ha scritto un libro. Ne parla qui dicendo tante cose giustissime.
Pietro Minto su come il podcast sta diventando soprattutto video.
Milano è diventata invivibile? Una bella analisi ma mancano soluzioni condivisibili.
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Super interessante. Grazie, Andrea!
Bellissimo articolo